Scuola di Formazione Integrata con le Migrazioni
“Coesione, Innovazione e Società Plurali”
Percorso biennale con policy makers, dirigenti, docenti e operatori sociali




Lo scenario


La progettazione della Scuola di Formazione Integrata con le Migrazioni prende avvio con la costituzione del suo Comitato Scientifico agli inizi del 2019,  muovendo da un decennio di impegno professionale nella formazione, nella consulenza e nella ricerca di un ampio team di professionisti orientati ad approcci sistemici, critici, non adattivi e partecipativi alle sviluppo culturale, sociale, politico ed economico dei territori e delle comunità e dalla considerazione che viviamo di fatto in una società plurale pur mancando, sul territorio nazionale, una visione lungimirante, una policy, una governance e delle skills strutturate per far emergere e mettere a valore le potenzialità di questa nuova condizione per tutti i cittadini e per tutti i settori del nostro Paese, per gli “indigeni” come per i “forestieri”, per lo sviluppo economico come per quello culturale  e non ultimo per lo sviluppo di una idea di futuro che sappia orientare le politiche pubbliche e dare nuovo respiro all’Italia.

Lanciata ad inizio 2020, con sede a Brescia, la Scuola “Coesione, Innovazione e Società Plurali”, oggi si propone come opportunità dedicata ai Territori che  scelgono di attivare processi di riflessione, progettazione e sviluppo di competenze tra gli attori che costruiscono politiche ed interventi di sviluppo locale che vogliono superare l’approccio dell’emergenza e della mera “gestione” dei migranti per sviluppare una strategia sostenibile di intervento che sia inclusiva, generativa sostenibile, attivare nuove opportunità di sviluppo per i territori e investire nel “fare insieme comunità” .


Presentazione della Scuola

Scenario

Vision

Obiettivi

Metodologia

Programma di studio

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Note organizzative

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La mobilità umana nel mondo

Nel 2017 sono 257,7 milioni le persone che nel mondo vivono in un Paese diverso da quello di origine e dal 2000 al 2017 il numero delle persone che hanno lasciato il proprio Paese di origine rappresenta il 3,4% dell’intera popolazione mondiale. Solo nel 10-15% dei casi si tratta di migranti irregolari.

L’Europa, seconda dopo l’Asia, ospita poco meno del 30% dei migranti mondiali contando nel 2017 38,6 milioni cittadini stranieri residenti nell’Unione Europea. Il Paese europeo che ospita il maggior numero di migranti è la Germania, seguita da Regno Unito, Francia e Spagna.

Alla fine del 2017 gli stranieri residenti in Italia sono 5.144.000, l’1,9% in più rispetto all’anno precedente, per un’incidenza dell’8,5% sulla popolazione totale.

Con questi dati, l’Italia si colloca al 5° posto in Europa e all’11° nel mondo.

Non esiste nessuna invasione. L’Italia è già multiculturale” (Dossier Statistico Immigrazione 2018, Centro Studi e Ricerche IDOS, Edizioni IDOS, Roma 2018).

Il numero degli stranieri che vivono in Italia al 31 Dicembre 2017 è pressoché invariato dal 2013, sia nel numero, sia nell’incidenza sulla popolazione complessiva, e si attesta intorno ai 5 milioni.

Inoltre, tra i soli non comunitari, circa due su tre hanno un permesso di soggiorno di durata illimitata, che attesta un grado di radicamento e stabilità ormai consolidato. Il restante 35% ha un permesso a termine, in maggioranza per famiglia o per lavoro. Della popolazione immigrata in età da lavoro il 59,3% sono occupate e nell’anno scolastico 2016-2017 gli alunni stranieri nelle scuole italiane sono 826.091 (di cui il 60,9% nati in Italia), in aumento rispetto all’anno scolastico precedente.

Meno di 1 migrante su 5 è titolare di un permesso inerente alla richiesta di asilo o alla protezione internazionale o umanitaria, con un’incidenza del 2 per mille sulla popolazione nazionale.

Alla fine del 2017 erano 187.000 i migranti inseriti in un centro di accoglienza ed il boom di profughi che, attraversando il deserto e il Mediterraneo centrale, sono approdati sulle coste italiane si è pressoché esaurito nel primo semestre del 2017 crollando (Unhcr e Oim) di quasi il 90% rispetto allo stesso periodo del 2016.

Un’emergenza culturale

Nonostante questi dati, la mobilità umana si conferma fra i temi di maggior dibattito nella società attuale ed il monitoraggio delle notizie riguardanti l’immigrazione apparse nei telegiornali di prima serata (XXVII Rapporto immigrazione Caritas-Migrantes, Un nuovo linguaggio per le migrazioni, Caritas e Migrantes, Roma 2018) rivela che in dodici anni i riferimenti all’immigrazione sono aumentati di oltre dieci volte. Appare sistematica la correlazione fra l’aumento di interesse mediatico verso i flussi migratori diretti verso l’Italia e gli eventi di natura politica che coinvolgono il Paese e la sensazione di minaccia alla sicurezza e all’ordine pubblico ricondotta all’immigrazione sperimenta dal 2013 una crescita costante.

Secondo il Rapporto sulle migrazioni di Caritas e Migrantes, nel corso del 2017 i telegiornali di prima serata si soffermano per lo più sui flussi migratori (40%), riservando quasi la metà delle notizie ai numeri e alla gestione degli sbarchi sulle coste italiane. Un ulteriore 34% dei servizi telegiornalistici è dedicato a questioni che mettono in relazione immigrazione, criminalità e sicurezza.

Il sistema dell’accoglienza in Italia, in buona parte dipendente dalla gestione privata (Cas 80,95%) piuttosto che presidiato dal sistema della responsabilità della cosa pubblica (Sprar 13,15%), esprime la scelta miope dell’immobilismo e rispecchia la difficoltà strutturale del Paese nel definire una visione lungimirante ed una strategia sostenibile di intervento che sia inclusiva, generativa e sostenibile.

L’immigrazione come minaccia

Con l’approvazione del DL Sicurezza a fine Novembre 2018 prende corpo il racconto dell’immigrazione come minaccia e la paura si fa leva per indietreggiare nella chiusura, nella difesa, nell’esclusione e nell’espulsione dei migranti anche dal punto di vista istituzionale.

Abrogando il permesso di soggiorno per motivi umanitari, riducendo i fondi destinati all’accoglienza ed ai processi di integrazione e puntando sulla formula dei grandi centri piuttosto che sulla distribuzione capillare di piccole strutture sul territorio nazionale, si aprono spazi all’acuirsi dell’emergenza umanitaria, all’aumentare dell’insicurezza nei centri urbani, al rafforzarsi di dinamiche assistenzialistiche focomeliche senza più strumenti per accompagnare i migranti verso percorsi reali di inclusione.

Si riducono spazi, riconoscimento e risorse agli esempi virtuosi di accoglienza, inclusione e cooperazione, a quelle politiche e quelle prassi che, constatando che di fatto si viva in società plurali, coniugano l’accoglienza dei migranti con il rafforzamento delle maglie della coesione sociale e con la ricerca di innovative modalità di soluzione dei bisogni sociali generando nuove opportunità di sviluppo per i territori.
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